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| "LOST", QUESTA SI CHE E' UN'ISOLAPassate la sbornia olimpionica, la frana sanremese e un'intera serata domenicale di Raitre immolata (fra "Che tempo che fa" e "Parla con me") alla promozione del nuovo film di Verdone, finalmente si torna a un po' di tv "normale", di fiction di qualità e spessore: no, non sto parlando della ripresa di "Porta a porta" o "Ballarò", ma di "Lost", la nuova serie americana di Raidue finalmente (dopo numerosi rinvii) decollata con buoni risultati e, soprattutto, molto promettente sul piano dell'imprevedibilità, requisito sempre più raro oggi sul piccolo schermo. Ne è autore il 40enne J.J.Abrams, futuro regista di "Mission: Impossible III" ma soprattutto padre di "Alias": ed è proprio dalla struttura a cerchi concentrici del celebre spy-serial con Jennifer Garner, dove ogni cosa e ogni persona possono sempre rivelarsi l'opposto di ciò che sembrano, che anche "Lost" trae la propria formula. Qui però l'ambiente è estremamente concentrazionario: siamo sulla classica isola deserta dove si è schiantato un aereo lasciando un nutrito gruppo di scampati alle prese non solo con le ovvie difficoltà di sopravvivenza, in attesa di improbabili soccorsi, ma anche con le proprie identità personali, i rapporti reciproci e i non pochi "cadaveri" nell'armadio di qualcuno. Il tutto mentre strani segnali evocano, nella foresta, una gigantesca "presenza" per niente benevola e altri fattori inducono a pensare che tutta la storia appartenga a un agghiacciante déjà vu. Dunque siamo lontani dal cliché telefilmico ormai inflazionato dei "detective-medici-in-squadra-ognuno-coi-suoi-casini-da-risolvere" che peraltro tiene ancora banco. Qui bisogna risalire a quasi vent'anni fa e a "Twin Peaks" di David Lynch per trovare il gusto di scoperchiare, dentro uno schema diegetico apparentemente "tradizionale" (lì sì trattava semplicemente di risolvere un caso di omicidio), un autentico vaso di Pandora: anche se è dubitabile che il morboso, geniale visionarismo lynchiano possa essere eguagliato. Però a favore di "Lost" gioca anche la scelta di una location autentica, di un cast di basso profilo ma molto ben caratterizzato (spicca Terry O'Quinn nell'inquietante personaggio di John Locke, omonimo del filosofo inglese che nel '600 teorizzò la "legge di natura"), di una calibrata distribuzione dei flashback del disastro, di un dosaggio graduale dell'elemento paranormale e del sostegno non secondario della musica allarmante di Michael Giacchino. Insomma, in quest'isola dei non famosi credo che ci tratterremo volentieri... da gazzettino.it
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