Cannes, applausi per "Zodiac"
Thriller di Fincher incolla alla sediaLa critica lo apostrofa come genio o come bluff. Sulla Croisette però, David Fincher e il suo thriller, "Zodiac", sono stati applauditi dopo la proiezione per 160 minuti di pellicola che tengono incollati alla sedia. Il thriller prende spunto dai fatti di sangue avvenuti in America tra il 1969 e il 1978, commessi da un serial killer noto come "Zodiac". Tra i protagonisti Jake Gyllenhaal, Mark Ruffalo e Robert Downey Jr.
"E' un film sullo studio di un personaggio - esordisce un soddisfatto David Fincher -. Abbiamo cercato di trattare la materia con grande rigore, senza drammatizzare l'isteria collettiva, per esempio. Il parallelo con il terrorismo è un po' audace e sicuramente non diretto, ma certo in qualche modo è inevitabile e giusto".
La pellicola si ispira alla storia vera di un serial killer che terrorizzò la zona della Baia di San Francisco e si beffò delle autorità di quattro giurisdizioni con i suoi messaggi cifrati e le sue lettere per decenni, “Zodiac” è stato girato da David Fincher, regista di “se7en” e di “Fight Club.” Dare la caccia a "Zodiac" diventò un’ossessione per quattro uomini, che li fece diventare l’ombra di loro stessi, le loro vite in balìa dell’infinita serie di indizi lasciati dall’assassino.
Dei quattro, Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal) era l’outsider. Timido vignettista, Graysmith non aveva gli strumenti e l’esperienza del suo cinico e navigato collega Paul Avery (Robert Downey Jr.), il capo reporter di cronaca nera del San Francisco Chronicle. Non aveva i contatti di Avery con il famoso ed ambizioso Ispettore della omicidi del Dipartimento di polizia di San Francisco Dave Toschi (Mark Ruffalo) e con il suo misurato, meticoloso partner, l’Ispettore William Armstrong (Anthony Edwards). Ciò che invece ebbe fu un’intuizione fondamentale che nessuno immaginava. Si rivelò per la prima volta il 1 agosto 1969.
Una lettera al Direttore rozzamente scritta arrivò in mezzo alla pila giornaliera della posta. Una delle tre inviate al Chronicle, al San Francisco Examiner e al Vallejo Times-Herald, il cui contenuto paralizzò le redazioni. “Caro Direttore, Sono l’assassino…” di David Faraday e Betty Lou Jensen uccisi con un’arma da fuoco il 20 dicembre 1968 sulla Lake Herman Road nella Contea di Solano e l’autore il 4 luglio 1969 dell’uccisione di Darlene Ferrin e del tentato omicidio di Mike Mageau al parcheggio del campo da golf di Blue Rock Springs a Vallejo.
Non li chiamava per nome, ma forniva una lunga lista di dettagli che solo la polizia poteva conoscere. A ciascun giornale veniva fornita parte di un messaggio cifrato che, se decodificato, avrebbe presumibilmente rivelato la sua identità. Era seguita da una minaccia – pubblicate o altri moriranno. Nessun killer dopo Jack lo Squartatore aveva scritto alla stampa e provocato la polizia con indizi sulla sua identità. Iniziò così l'avventura di una caccia durata fino al 1978.
“La prima volta che ho letto la sceneggiatura, gli omicidi, in particolare, erano spaventosi - ha detto Jake Gyllenhaal -. Ricordo che sfogliavo le pagine e pensavo ‘Questo è vero, è successo veramente'. Ho desiderato immediatamente fare questo film. Credo che la cosa più interessante di questa storia sia che quando succede una cosa del genere si sviluppa un’isteria di massa. E poi viene affidata agli esperti. E qualche volta gli esperti non hanno la stessa passione che avrebbe una persona qualunque come Robert Graysmith, il mio personaggio".
"Ci affidiamo alle opinioni degli esperti, - ha continuato l'attore - e molto spesso gli investigatori sono condizionati da tante altre questioni politiche e questioni relative al loro lavoro e a dove vogliono arrivare. Una persona ordinaria come Robert, lavora per conto suo, i fatti nudi e crudi appaiono molto più chiaramente. Per me è rassicurante sapere che esiste questo genere di uomo ordinario, che è riuscito semplicemente a riaprire un caso che la gente riteneva impossibile da risolvere”.