| BONOLIS: C'È UNA CONSORTERIA GIORNALISTICA CHE NON ACCETTA CORPI SPURII. MENTANA DIFESO DALLA LOBBY DI CARTA - LA RAI? UNA STRISCIA DI GAZA DOVE CHIUNQUE ARRIVA FA LA SPESA PROLETARIA...
Enrico Arosio per “L’espresso”
Fino a poco fa pareva il re Mida della televisione italiana. Poi, a novembre, l'incidente inatteso, nella sua nuova vita a Mediaset: l'abbandono di 'Serie A', il programma domenicale di Canale 5 sorto dalle ceneri di '90 Minuto', dopo un duro braccio di ferro con la direzione sportiva, a favore di un giornalista, Enrico Mentana. Ora Paolo Bonolis si è ricollocato in seconda (o sarà terza?) serata, dalle 23 e 30 all'una e un quarto, con uno spazio molto personale, uno strano mix di alto e basso, emozioni e ragionamenti, diverso da tutto quello che ha fatto prima, dal titolo a prima vista esagerato: 'Il senso della vita'. Il paradosso è questo: è come se un mattatore alla Totti (visto anche l'ingaggio: 8 milioni l'anno, si disse) si ritrovasse a entrare in campo a fine secondo tempo come un Alvaro Recoba, attaccante di classe ma punito per la sua enigmatica discontinuità.
Bonolis, da artista televisivo lei sembra in una fase di trasformazione, come un animale che stia cambiando pelle. "È una sensazione che appare più evidente adesso. In realtà io ho costruito il mio lavoro negli anni cercando costantemente di cambiare pelle. L'ho fatto per gusto dell'avventura televisiva, perché godo dell'idea di poter inventare delle cose. A 45 anni mi piace divertire, ma anche provare a declinare quell'altro che da uomo mi appartiene: con il ragionamento. Come tutti noi. L'esperienza in Rai di 'Domenica In' mi è servita proprio a questo: sperimentare qualcos'altro. Ero guardato con sospetto, ma la gente mi seguiva. Ora non voglio fare il sapientone; ma se mi pongo delle domande, vedo che funziona. Ricordo quando parlammo della Conferenza dell'Aja del 2000 sull'acqua: il diritto all'acqua, cambiato in bisogno, il ruolo delle multinazionali. Passammo, dopo la pubblicità, dal 14 per cento di share al 29. Chi se l'aspettava, con un pubblico abituato a cantare 'Bri-gitte Bar-dot Bar-dot.".
Fu un primo esperimento di rieducazione? "Alla Rai mi dicevano: stai molto attento con gli esperimenti perché il pubblico della domenica è completamente bollito. Ma io mi domandavo: era bollito di suo o veniva bollito? Io credo che venisse bollito. Oggi nel 'Senso della vita' propongo un po' di realtà quotidiana... Se andiamo a cena, lei e io, ora scherziamo ora ci raccontiamo cose interessanti. Umberto Eco, mi dicono, perché non lo conosco, è uno che tra amici un po' ragiona di temi altissimi un po' spara barzellette incredibili. Non può essere un buon modello per la televisione?".
Come mai un titolo così altisonante, 'Il senso della vita'? "L'idea è degli autori, Mauceri, Afferrante, Lanza, Rubino. Nel nostro programma si ragiona come se fosse il vissuto di una giornata, gli incontri, i dialoghi che si fanno nel quotidiano, dalla chiacchiera alla notizia importante alla preoccupazione allo scherzo con i bambini a cena. La nostra giornata".
Lei punta con l'intervista fotografica sul vissuto, sulle emozioni, sui ricordi dei suoi ospiti. Ha sdoganato Gigi D'Alessio, facendone emergere dolcezze nascoste. "Ho visto fare questa cosa una volta in una seduta psichiatrica. Confrontata con le immagini, la persona piano piano perde l'inibizione, e parla a se stessa. Un 30 per cento dell'intervista fotografica lo buttiamo in montaggio, e generalmente è l'apertura. Con Franco Califano sono uscite cose da paura. Meravigliosa quella con Walter, dico con Veltroni: abbiamo dovuto togliere pochissimo".
Far emergere il lato meno noto delle persone? È questo che funziona? "Vale per tutti noi. Succede sempre. Con Funari, non parliamone: so' esplosi i mortaretti, abbiamo addirittura allungato".
Quelle frasi molto forti sul fumo, la morte, le avevate organizzate prima? "Assolutamente no. Non so quello che fanno i miei colleghi, ma io mi rifiuto di organizzare la puntata, il colpo di scena. Sennò mi annoio, e finisce la magia".
Qualche tempo fa lei era anche uno che sfotteva, tirava legnate nelle gambe. Oggi è meno dispettoso: è diventato buonista, o è tutto calcolato? "È legato alla trasmissione. Se parlo di ateismo col filosofo Michel Onfray mica posso mettermi a scherzare. Non sempre siamo portatori sani di assurdità".
Il suo non è un programma mattatoriale, alla Maurizio Costanzo. Anche se la fascia oraria potrebbe suggerirlo. "No, in questo programma io ascolto. Ascolto molto. Ma le domande scomode le faccio, eh?".
Come ha giudicato il fenomeno Celentano? "Adriano è una fantastica maschera italiana. Comparendo in tv per 4 puntate ogni quattro anni non può non avere successo. Ma il suo programma è stato anche molto pompato, per far da volano a tutto un mondo di figure della politica che attraverso di lui si sono messe in mostra in vari modi".
Celentano si è prestato troppo a questa politicizzazione? "Lo sapeva bene, credo. Ha messo la tigre nel motore. A un niente dalle elezioni ha voluto far bingo. In realtà lui, Adriano, non ha detto nulla. Ma i mortaretti so' partiti tutti. Io Adriano lo conosco, di tutto quello che è successo non gli frega niente. Lui si diverte a tirare il sassolino e a vedere, come Jannacci, l'effetto che fa".
Quanta amarezza rimane dopo il flop di 'Serie A'? "Mi ha fatto male una cosa: la decisione di far passare da subito l'idea che fosse un insuccesso. A cominciare dai numeri. Quando erano strapositivi venivano taciuti, quando facevi un punto in meno, denigrazione immediata. Perché? Me lo sono chiesto. Perché c'è una consorteria giornalistica che non accetta corpi spurii come il sottoscritto. Bastava dirmelo prima".
Ostilità di una lobby? "Scherzando direi che nascono come lobby, e come copertura fanno il giornalismo. Oggi Enrico Mentana conduce molto bene. E però fa un po' meno ascolto di me nella prima parte, e un bel po' meno nella seconda. Lo sa qualcuno? Noi stavamo al 21,22,23 per cento, siamo scesi raramente. Io sono contento per Mentana, ma. non capisco perché a me non mi hanno difeso, alterando la realtà".
Il programma a molti è parso lungo e noioso. "Era partito di corsa, senza tempo per prepararlo. L'avevo detto a tutti, anche a Piersilvio (Berlusconi, ndr): la seconda parte così non può funzionare".
Stupenda la sua definizione di Er Penombra per Ettore Rognoni, direttore dello Sport Mediaset. "Grazie. Er Penombra ora è il suo nome ufficiale".
Ma Piersilvio Berlusconi l'ha difesa o no? "Piersilvio mi ha difeso. Ma Er Penombra con le sue sapienti strategie da Mazarino è riuscito a presentargli la realtà differente da come la proponevo io. Adesso nella seconda ora di 'Serie A' subentrerà il Grande Fratello. Vabbè: me l'hanno fatta. Pazienza".
Ma oggi non costa un po' troppo a Canale 5 questo suo programma a tarda ora? "La seconda serata di Canale 5 ha ottenuto col 'Senso della vita' numeri che non faceva da quindici anni. Abbiamo fatto il 32 per cento alla quarta puntata, con Funari. Alla quinta sui bambini 28,9. Sono cifre spaziali. Vespa stava dieci punti sotto. Questo non l'ho letto sui giornali. Il Costanzo Show negli ultimi cinque anni non superava il 22, e nei momenti di gloria".
Deluso dai commenti, dai critici tv? "No, deluso no. Mi imbarazza quando tacciono. Di fronte a qualcosa che è un avvenimento. La rete ci ha chiesto di continuare oltre febbraio, ci ha chiesto anche di raddoppiare in settimana. Io preferisco di no. La prossima stagione, forse. Quanto alla benedetta cifra che Canale 5 mi paga, be', rispetto a molti miei colleghi io sono uno che la trasmissione se l'inventa dall'inizio alla fine. Il pubblico lo riconosce. Come riconosce che non lo tratto come una massa inerte. 'Il senso della vita' ha dato un colpo alla staticità della seconda serata, si muove per immagini, per musica.".
Tra Rai e Mediaset che differenza c'è quanto a suggerimenti dall'alto, ad esempio sugli ospiti? "Ci sono da una parte e dall'altra. Io ho la forza di rifiutare. A volte arrivano richieste che comprendo. Quando è venuto Veltroni, a Mediaset mi hanno chiesto se possiamo invitare anche un leader del centro-destra. Stiamo trattando. Io Walter l'avevo invitato come amico".
Ma a lei da cittadino interessa la politica? "Zero".
Zero? Soffrirà, in un paese politicista come l'Italia. "Infatti soffro. Silvano Agosti racconta la politica come un'attività di volontariato. Ma in Italia la politica è un mestiere a vita".
Nessuno le ha mai chiesto di mettersi in quota? "Faccio tv da 25 anni senza essere in quota. Certo, quando sei in quota se una parte ti attacca un'altra ti difende. Io sono meno protetto".
Perché ha scelto Massimo Fini come opinionista? "È una persona libera. Faremo con lui una puntata sul concetto di democrazia, vedremo che succederà".
Un pregio e un difetto di Piersilvio Berlusconi. "Piersilvio è un giovane con una grande voglia di raccontare le novità rilevanti per la sua generazione. D'altra parte è legato a necessità aziendali e familiari che credo siano un po' una zavorra. Fosse un trentacinquenne con un altro cognome avrebbe più libertà".
È il Berlusconi che conosce meglio? "Sì. Il papà l'ho incontrato solo due volte, la sorella Marina mai".
Meglio Simona Ventura o Alessia Marcuzzi come showgirl vincente? "Non si può scegliere. Due leader, ma diversissime. Personalmente conosco meglio Alessia".
I reality show sembrano il futuro della televisione. A lei piacciono? "A me non piacciono i reality. Mi annoiano. Anche se il voyeurismo è uno dei tanti piacevoli vizi della vita. Il reality funziona perché costa poco, ha regole semplici e personaggi addomesticabili come i cani di Pavlov".
Il riciclaggio dei personaggi bolliti fa malinconia. "Economicamente conviene a tutti".
L'uso della donna come bella statuina tette al vento, nella televisione italiana, ci viene rimproverato in Europa. Lei che ne dice? "Non è che le preleva la polizia per portarle in tv. Nell'estetica leggera di un certo programma la bellezza femminile ci sta tutta. In altri non c'entra nulla. Per esempio nel mio programma la spalla femminile non serve".
La domanda è : la tv italiana è maschilista? "C'è molto maschilismo in Italia".
Vedere la Rai indebolita nella qualità, in questi anni in cui il capo della tv commerciale è il capo del governo, che impressione le fa? "Due cose. La Rai durante il governo del centrodestra ha ottenuto gli ascolti più alti degli ultimi anni. RaiUno si è riaccesa, Sanremo è andata, io ho funzionato: fin troppo, ho dovuto andarmene. Il fatto è che in Rai pochi rischiano, ognuno coltiva il proprio orto, la propria rendita di posizione. Poi c'è il secondo dilemma: non esiste il signor Rai. La Rai è diventata una striscia di Gaza dove chiunque arriva fa la spesa proletaria. Chi arriva, per nomina politica, prima rende conto a chi lo ha messo lì, poi pensa al dopo. Io credo che la Rai debba trovare, almeno nel direttore generale, una figura chiara su cui poter costruire. Un signor Rai super partes, che sappia che le quote della politica non debbono compromettere la qualità dell'azienda".
Dagospia 05 01 2006
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